Nel 1973-1974 la Comunità europea ormai era quasi
diciottenne e l’Alleanza atlantica aveva un quarto di secolo. Persino Paolo VI
giudicava “provvidenziale” Porta Pia. Il clericalismo era morto per mano del
papa. Il discrimine per massoni di formazione ormai internazionale era tra
“area delle libertà” e “totalitarismo sovietico”, con un preciso corollario: la
certezza che i regimi reazionari, instaurati sulla spinta di eventi
circoscritti, per quanto brutali rimanevano strumentali, privi di necessità
assoluta e quindi transeunti; mentre le dittature comuniste, proprio perché
ispirate da una filosofia, volevano per sé la storia, il destino umano e quindi
erano nemico assoluto con il quale, in prospettiva, non era possibile
transigere in alcun modo […] Il nuovo ceppo della Massoneria italiana
dall’inizio degli anni Settanta in buona parte crebbe nella Loggia “Propaganda
massonica” n. 2 […]
Chiesta l’iniziazione massonica senza nulla nascondere del suo
trascorso di “legionario” nel Corpo truppe volontarie in Spagna, nel quale si
arruolò diciassettenne presentandosi come Livio Gommina, per raggiungere il
fratello maggiore, che vi perse la vita, e “avocato” dall’originaria “Gian
Domenico Romagnosi” alla loggia “Hod”, retta da Roberto Ascarelli, Gelli si sobbarcò
per la Massoneria compiti via via più delicati e complessi, assolvendoli con
piena soddisfazione di Ascarelli e del Gran Maestro Giordano Gamberini. Il 31
gennaio 1968 questi gli scrisse: “Mio caro Gelli, le tue straordinarie qualità
organizzative e il loro generosissimo impiego al servizio del nostro Ordine mi
hanno indotto al piacere di designarti quale Garante d’Amicizia di una Gran
Loggia presso il Grande Oriente d’Italia. Questa qualifica ti consentirà, fra
l’altro, di partecipare alle sedute del Consiglio dell’Ordine e della Gran
Loggia…” […] Poco dopo l’ascesa a Gran Maestro il professor Lino Salvini delegò
Gelli a rappresentarlo presso i Fratelli della Loggia “Propaganda” all’Oriente
di Roma e a iniziarne nuovi membri. Poco più di un anno dopo, Salvini – che
conservava la carica di Venerabile della Loggia “coperta” dell’Ordine – nominò
Gelli “Segretario organizzativo” della Loggia, invitandolo a “predisporre uno
studio per la strutturazione della stessa”, sicuro che egli avrebbe continuato
a profondere ogni sua energia nell’interesse dell’Istituzione. Se il costume
voleva che fossero i futuri recipienti a muovere alla volta della Vera Luce
attraverso lunga peregrinazione e macerazione interiore e rimanessero persino
anni in attesa di risposta al primo timido picchiettio sulle porte più esterne
del recinto massonico, facendo suo il modus conscribendi generalmente
utilizzato nell’Ottocento, Gelli impresse un ritmo impetuoso alla selezione di
iniziandi: fra i titolari di alte cariche pubbliche e posizioni cospicue negli
affari e nella comunicazione. Il riconoscimento di merito nella posizione
socio-professionale, come negli Ordini cavallereschi (“sacri” o “repubblicani”)
e, in altra forma, nei Rotary e Lions, fungeva da implicito superamento
dell’apprendistato all’esercizio delle virtù di cui un Libero Muratore deve
essere fornito. Era infatti impensabile che potesse esser giunto al vertice di
una grande impresa finanziaria o industriale o di una “carriera” nel mondo
della burocrazia, delle arti, delle scienze e persino dello spettacolo e
dell’informazione chi non fosse dotato di autocontrollo, capacità di ascolto e
mediazione, duttilità, propensione al dialogo, alla tolleranza: con quel tanto
di senso del relativo di cui doveva essere fornito qualsiasi dirigente
dell’Italia postbellica, passata dalla morbida defascistizzazione, scevra da
eccessi epurativi, alla laicizzazione strisciante del costume pubblico e
privato, malgrado il rigore del pontificato pacelliano […]
La forbice tra norma
e realtà imponeva un nuovo nicodemismo. E, come al tempo dei marrani, v’era
bisogno di spazi ispirati alla tolleranza. La Massoneria faceva al caso:
soprattutto per i cattolici più integrali, cioè non burocratici e curiali […] Molti fra i cavalli di battaglia della
Massoneria del secolo precedente risultavano ormai sfiancati e inerti. Era il
caso, per esempio, della lotta per la cremazione dei cadaveri, dal 1964 ammessa
senza riserve da parte della Chiesa cattolica. La profonda revisione della
precettistica e la più severa disciplina nel culto della Madonna e dei santi
introdotte dal Concilio Vaticano II spezzarono le punte più acute e scontate
della polemistica anticlericale e fecero balzare in primo piano la necessità
che in una società veramente pluralistica tutti si adeguassero al rispetto
delle convinzioni altrui, ove queste non nocessero ad altri. Lo stato, in altre
parole, si sarebbe confermato veramente laico se avesse tutelato anche le
opzioni dei cattolici, non se avesse imposto un robespierrriano culto della
Ragione o dell’Ente Supremo o un laicismo coatto e quindi fatalmente
intollerante e bigotto, da “guerra di religione”. In tale ottica e certo senza
chiedere ai Fratelli di abdicare alle proprie personali convinzioni, mentre nel
1970 chiamò a raccolta a sostegno dell’introduzione del divorzio, nel 1974 il
Grande Oriente d’Italia non scese in prima linea nella battaglia referendaria
[…] Il 30 dicembre 1974, premesso che “le specifiche ragioni e situazioni che
avevano consigliato, fino ad allora, il mantenimento della Risp. Loggia
“Propaganda” denominata “P2” alla diretta Obbedienza del Gran Maestro, si erano
modificate”, e che la necessità di copertura di parecchi Fratelli in essa
affiliati stava perdendo di significato e occorreva uniformare l’assetto del
Grande Oriente a quello delle altre Comunioni, il Gran Maestro abrogò lo status
della Loggia e decise che la posizione dei suoi componenti sarebbe stata
vagliata per verificare quanti ancora dovessero rimanere nell’Officina […] Salvini
ringraziò Gelli, “che lascia la carica di Segretario Organizzativo che ha
ricoperto negli ultimi anni con dedizione e abnegazione” tali, invero, da
indurre il “Segretario organizzativo” a non abbandonare affatto il controllo della
“P2”, come si vide l’anno seguente, quando, in risposta all’accusa mossagli in
Gran Loggia di aver usato per fini da accertare sovvenzioni erogategli dalla
FIAT per impedire la fusione delle tre confederazioni sindacali (CGIL, CISL e
UIL) in un unico sindacato effettivamente unitario, Salvini ritirò i
provvedimenti precedentemente adottati per “disciplinare” la P2. “Restituiti” a
Salvini circa 400 Fratelli, Gelli continuò a iniziare membri della Loggia P2,
ora in contrasto, ora d’intesa – a volte tacita, a tratti esplicita – con il
capo dell’Istituzione. Avvalendosi di una delle prerogative riconosciute dai
landmarks, questi procedette a sua volta a “iniziare sulla spada” sempre nuovi
Fratelli, sia in Italia sia all’estero, senza che ne rimanesse necessariamente
traccia documentaria a Roma […] Nel corpo della Comunione prese a serpeggiare
un crescente fermento nei confronti del poco che trapelava a proposito della P2
e dei legami che suoi componenti avevano con istituzioni pubbliche. Tali
“rumori” non impedirono tuttavia che la P2 continuasse a dilatare i ranghi
degli affiliati […]
Nel novembre 1978 Salvini depose il Supremo Maglietto con
sei mesi di anticipo sul previsto. Alla successione si candidò Giordano
Gamberini, che si diceva fosse sostenuto da Gelli […] A sorpresa risultò eletto
il cinquantanovenne Ennio Battelli, generale di aeronautica in congedo e già
Venerabile della Loggia “Acacia” di Imperia, proclamatosi di orientamento
“democratico” nella richiesta d’iniziazione […] Uno storico misurato quale
Renzo De Felice nel 1978 scrisse: “La massoneria ha in gran parte perduto il
peso politico esercitato in passato, giacché il controllo del potere è passato
ai partiti”. Nello stesso torno di tempo il Gran Maestro del Grande Oriente
d’Italia Lino Salvini, propalò tuttavia che l’Ordine aveva all’Obbedienza da
cento a centocinquanta parlamentari e lasciò immaginare ch’essi erano solo la
punta del gigantesco iceberg liberomuratorio: coagulo di Fratelli sempre più
numerosi e potenti. In rotta verso quale meta? Sospinti da correnti
esogene o secondo un proprio piano di viaggio? E con quali obiettivi? Erano
ormai in molti a domandarselo in Italia, anche perché allarmati dal poco che di
quando in quando filtrava da inchieste in corso a proposito di vicende dai
risvolti assai oscuri ma in margine alle quali era balzata fuori la sigla della
Massoneria, senza alcun distinguo tra diverse Obbedienze né tra i Supremi
Consigli che si contendevano la sovranità sulla Giurisdizione italiana e
gareggiavano per ottenere riconoscimenti esteri, soprattutto da parte delle due
Giurisdizioni degli Stati Uniti […] Non si trattava di mere schermaglie
procedurali, giacché il Grande Oriente aveva sommamente bisogno dell’amicizia
da parte delle Comunioni massoniche d’oltre Atlantico, in una stagione che
vedeva molti Fratelli di spicco inquisiti per le accuse più disparate. Tra
l’altro, venne dato rilievo al fatto che il procuratore generale della
Repubblica Carmelo Spagnuolo, l’ambasciatore Edgardo Sogno, l’ex segretario del
PSDI Flavio Orlandi e altri illustri Fratelli, oltre ad Anna Bonomi, avevano
rilasciato attestazioni a favore di Michele Sindona, arrestato negli Stati
Uniti e la cui estradizione in Italia veniva caldamente sconsigliata […]
Firmatari degli affidavit pro-Sindona figuravano altri due personaggi di
rilievo. Anzitutto John McCaffery, scozzese cattolico, già agente della “Number
One Special Force” che ebbe parte di primissimo piano nell’organizzazione della
lotta di liberazione in Italia sin dall’autunno 1943, con ruoli di spicco sia
per assicurare i collegamenti tra resistenza armata, comandi anglo-americani e
governo del re, e sia – direttamente o tramite corpi speciali di resistenti,
come l’Organizzazione Franchi creata dall’allora ventinovenne Edgardo Sogno –
per strappare partigiani di altissimo rango, come Ferruccio Parri, alla
diversamente prevedibile sorte quando caddero prigionieri dei tedeschi.
McCaffery aveva avuto modo di apprezzare le qualità professionali di Sindona:
come peraltro avevano fatto l’onorevole Giulio Andreotti che lo definì “il
salvatore della lira”, Amintore Fanfani, l’ambasciatore americano degli Stati
Uniti in Italia, Graham Martin, che gli conferì le insegne di “uomo dell’anno”,
e ambienti finanziari e non del Vaticano. McCaffery, come Sogno, si convinse
che attraverso Sindona si intendeva colpire quanti si prodigavano senza riserve
in una lotta frontale per impedire l’ingresso del PCI nel governo. Altro
firmatario pro-Sindona fu Licio Gelli […] Il 15 aprile 1977, da Lino Salvini,
Gelli aveva avuto la delega ai “rapporti con i Fratelli in affiliati, ossia con
i Fratelli che non risultino iscritti ai ruoli né delle Logge come membri
attivi né del Grande Oriente come membri non affiliati”. Il Gran Maestro
precisò: “Per effetto di tale delega, risponderai soltanto a me per quanto
farai a tale scopo, promuovendo e sollecitando quelle realtà che tu stesso
reputerai di interesse e di utilità per la Massoneria” […] Ben inteso, la P2
figurava nelle liste delle Logge regolari distribuite all’interno del circuito
delle Comunioni riconosciute dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra. Gli
iniziati giuravano “di non professare principi che osteggino quelli propugnati
dalla Libera Muratoria”, ricevevano una tessera firmata dal Maestro Venerabile
e dal Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia ed erano preventivamente
dispensati dagli obblighi previsti per gli affiliati alle Logge ordinarie
(frequenza dei lavori) […] La dilatazione del numero degli affiliati determinò
la riorganizzazione della P2 in nuclei regionali affidati ad altrettanti
fiduciari; una rete che, per ragioni organizzative, fece capo al Centro studi e
documentazione per la cooperazione europea (nome ovviamente di copertura, come
tutti quelli generalmente adottati per sedi massoniche) […] “Con l’apertura di
questa sede e con la presenza in essa di un componente del Consiglio esecutivo
in ogni giorno della settimana” scrisse Gelli, “ci auguriamo che gli amici che,
per qualsiasi motivo, debbano trovarsi a Roma, ci facciano visita, non solo per
mantenere e rafforzare i contatti necessari, ma anche per soddisfare tutti gli
adempimenti amministrativi e ricevere quei suggerimenti indispensabili onde
poter continuare proficuamente nell’opera di potenziamento […] È sufficiente
tener presente che la nostra organizzazione non rappresenta né una corrente
religiosa né una ideologia politica – perché si tiene all’esterno di questi
sentimenti – e perché si considera la vera portatrice degli ideali di pace,
solidarietà umana e di umiltà, ma è altrettanto evidente che essa non può
mancare dall’osservare con la più puntuale attenzione gli avvenimenti e, se
sollecitata, apportare la sua collaborazione per agevolare l’applicazione ed il
rispetto delle norme intese al mantenimento della legalità e per combattere con
tutti i mezzi a sua disposizione il dilagare dell’immoralità e del malcostume”.
Sin dall’agosto 1975 Gelli aveva messo a punto uno Schema R, presentato anche
al presidente della repubblica Giovanni Leone, sotto l’incalzare dell’avanzata
del PCI, registrata nelle elezioni amministrative del 13 giugno precedente, in
forza delle quali un blocco significativo di giunte social-comuniste si era
insediato alla testa di altrettante amministrazioni regionali, provinciali e
comunali, non solo in aree tradizionalmente “rosse”, ma anche nel resto
d’Italia […] Il crollo degli USA nel Vietnam del Sud, dove il 1 maggio Saigon
venne occupata dai vietcong, e i crescenti problemi interni del continente
americano lasciavano prevedere, per comune opinione, una minore disponibilità
di Washington a impegnarsi direttamente a difesa dell’Europa occidentale
trent’anni dopo il ripristino delle democrazie partitico-parlamentari. Il caso
dell’Italia, unico paese nel quale il partito comunista condizionasse il quadro
politico globale, all’estero era considerato particolarmente critico […]
“Queste osservazioni preliminari” si legge nello Schema R, “per quanto ridotte
a ristrette linee essenziali, mostrano chiaramente la precarietà della
situazione e la gravità del pericolo che l’Italia sta correndo: la drammaticità
delle condizioni di vita del Paese sono estreme ed impongono imperiosamente di
ricorrere ad estremi provvedimenti, il che equivale ad operare in stato di
emergenza”. Di lì la richiesta dell’intervento diretto del presidente della
repubblica “ad evitare un più pesante aggravamento della già gravissima
situazione”. Tra gli obiettivi urgenti per salvaguardare il modesto tasso di
tenuta “occidentale”, lo Schema R individuava la sostituzione della repubblica
parlamentare con quella presidenziale, la proclamazione dello stato di
“amnistia sociale” per un periodo non inferiore a due anni, la nomina e
insediamento di un “comitato di coordinamento” composto da non più di 11 membri
scelti tra i tecnici di provata esperienza e capacità nelle rispettive
specializzazioni, con il compito immediato e principale di esaminare, studiare
e proporre eventuali riforme della Costituzione vigente. Fra le altre misure
non rinviabili figuravano l’abrogazione della immunità parlamentare, la
riorganizzazione delle camere in due settori, uno politico e uno tecnico, la
riduzione del numero dei parlamentari, la soppressione dei ministeri superflui
o paralleli, il ridimensionamento del ministero delle partecipazioni statali,
la drastica riforma dell’apparato burocratico dello stato per eliminare sprechi
e aumentarne l’efficienza, il divieto di sciopero per magistrati, medici e
impiegati statali e parastatali, lo sfoltimento del cumulo delle cariche, una
più incisiva lotta contro la delinquenza comune e politica previo ripristino
della fiducia nelle forze dell’ordine, la riduzione progressiva del
reclutamento di leva che dovrebbe essere gradualmente sostituito con servizio
militare volontario, il ripristino della pena di morte per reati di sequestro
di persona, rapina con omicidio, pirateria aerea, navale o terrestre quando ne
consegua la morte o il ferimento di viaggiatori o di personale di bordo” […]
“Il presente schema” precisava Gelli, “non prelude a un colpo di Stato bensì a
scongiurare l’irreparabile jattura di una guerra civile e ad allontanare
dall’Italia il pericolo di un governo dittatoriale di ispirazione comunista”
[…] Il modus operandi di Licio Gelli era in sintonia con quello solitamente
tenuto dalla Massoneria italiana, ancora e sempre alle prese con l’annoso problema
di dar vita a una compagine di “uomini di Stato” in un paese dilaniato dalle
fazioni partitiche. Gli inaffiliati “all’orecchio” di Salvini non erano da meno
per rango pubblico e sociale, rispetto ai membri della P2 e del resto per lungo
tempo ne furono sodali […] Il 5 ottobre 1980 Gelli fece pubblicare sul Corriere
della Sera un testo sotto forma di intervista, nella quale sintetizzò i
propositi da anni indicati nello Schema R e nel Piano di Rinascita democratica.
Si trattava di proposte né particolarmente audaci né inedite […] Il
consolidamento della colazione di centrosinistra, con l’ingresso dei
socialdemocratici nel governo Forlani (il 18 ottobre 1989, subentrato al
secondo governo Cossiga), contando anche sull’appoggio dei liberali per singoli
provvedimenti, indicava il consolidamento di un “grande centro” che stava
vincendo la battaglia contro il terrorismo politico e si emancipava vieppiù
dalla necessità di ricorrere all’ingresso-sostegno del PCI nell’esecutivo o
alla testa di commissioni parlamentari. Almeno in prospettiva si intravedeva la
fine del consociativismo, nettamente rifiutato da una quota consistente della
DC e da ambienti determinanti del mondo cattolico esterni alla DC ma molto
influenti sul suo elettorato. La vittoria e l’insediamento alla presidenza
degli Stati Uniti del “fratello” Ronald Reagan e di George Bush, il 20 gennaio
1981, fra i cui invitati figurò Gelli, e l’impegno dell’amministrazione
statunitense a sostegno del movimento di Solidarnosc che dalla Polonia di papa
Wojtyla andava rimettendo in movimento il quadro politico dell’Europa
orientale, contribuivano ad appannare l’egemonia politico-culturale del PCI e
dei suoi fiancheggiatori, fino a poco prima pressoché indiscussa […] Il 17
marzo 1981, in esecuzione di un mandato emesso dai magistrati Viola, Colombo e
Turone del tribunale di Milano, impegnati nell’indagine a carico di Licio Gelli
per presunta “estorsione continuata ai danni di Cuccia Enrico e altri, in
concorso con Sindona Michele e altri”, venne effettuata una perquisizione
dell’ufficio di Gelli presso lo stabilimento di Castiglion Fibocchi. Il
materiale colà rinvenuto venne sequestrato […] Per fronteggiare la pressione di
diverse parti, il presidente del Consiglio Forlani il 7 maggio 1981 nominò una
commissione di tre saggi richiesti di stabilire se la P2 dovesse essere
ritenuta o meno un’organizzazione segreta. In assenza di una legge sulle
associazioni simile a quella in vigore in Francia fin dal 1901, il giudizio
sulla P2 non poteva essere che politico. La conclusione alla quale pervennero i
tre saggi, fu che la P2 era da considerarsi una associazione segreta […] Il 21
maggio 1981 il presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul caso
Sindona e sulle responsabilità politiche e amministrative a esso eventualmente
connesse, onorevole De Martino, durante la cui segreteria il PSI, appiattitosi
sulle posizioni del PCI, toccò il minimo storico dei consensi elettorali,
trasmise ai presidenti delle camere, Nilde Iotti e Amintore Fanfani, il
materiale rinvenuto a Cartiglion Fibocchi. Poiché negli elenchi degli affiliati
figuravano un alto numero di responsabili dei servizi d’informazione politici e
militari e molti altri ufficiali delle tre armi, dei carabinieri e della
guardia di finanza, al presidente non rimase che rassegnare le dimissioni e
l’emergenza morale balzò in primo piano, superando addirittura l’emergenza
economica e quella terroristica, nelle indicazioni del nuovo presidente del
Consiglio, il repubblicano Spadolini, che assunse la guida di una colazione di
grande centro […] Quanti videro il proprio nome pubblicato nelle liste, subito
diffuse dai mezzi di informazione, attesero con crescente sconcerto che il
Grande Oriente d’Italia e lo stesso Maestro Venerabile della Loggia P2
chiarissero ad autorità inquirenti e opinione pubblica l’esatta posizione della
Loggia e di ciascuno di essi […] Il Governo dell’Ordine non reagì all’onda, di
giorno in giorno più incalzante, di sollecitazioni ad assumere la tutela della
legittimità della posizione dei massoni elencati nelle liste pubblicate il 21
maggio […] Il 1 ottobre dall’estero Gelli manifestò alla Giunta del Grande
Oriente d’Italia il dolore e la delusione “nell’aver dovuto constatare
l’assenteismo che era stato tenuto nei suoi riguardi e il fatto che questa
apatica indifferenza abbia colpito soprattutto coloro che erano iscritti e che
avevano quindi commesso l’unico reato di aver creduto ed abbracciato l’idea
massonica e che hanno dovuto assaporare nel loro naufragio tutta l’amarezza
dello sconforto, della disperazione e dell’ira er essere stati abbandonati alla
deriva da quella stessa nave a cui con tanto orgoglio avevano dato la loro fede
ed il loro amore ritenendola il più puro simbolo dell’assistenza e della
solidarietà. Ma quello che è ancora più avvilente è che hanno dovuto rendersi
conto mestamente che quella tessera nella quale era stabilito che ogni
iscritto avrebbe ricevuto ovunque la
piena assistenza e la solidarietà massonica non solo non ha svolto nessuna azione
in loro favore, ma ha al contrario comportato danni materiali e morali di
incalcolabile portata a loro e alle loro famiglie. E dire che la tessera era
firmata anche dal Gran Maestro. E certamente costoro e i loro figli non avranno
un buon ricordo della Massoneria Italiana” […] A conclusione Licio Gelli avanzò
richiesta di assonnamento, che avrebbe potuto essere un modo per chiudere il
procedimento a suo carico, e sarebbe stata anche la via per dissociare subito
la sua figura dalla Massoneria […] La Corte Suprema accelerò l’esame dell’accusa
e concluse decretando l’espulsione di Gelli dall’Ordine.
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da Aldo A. Mola, Storia della massoneria italiana, 2006 Bompiani